La prima tappa del nostro viaggio col nostro bimbo di un anno in Messico, è stata Città del Messico.
Siamo arrivati nel mezzo della notte messicana, erano le 4. E tra controllo visti e ritiro bagagli – così presto la mattina ci sono pochi operatori e si creano file significative – siamo arrivati nella casa dove avevamo preso una camera, nel quartiere di Condesa, verso le 7. Appena entrati in camera, ci siamo addormentati per un paio d’ore, tanto fuori era ancora buio.
Era inverno (gennaio), e se la notte era freddino, durante il giorno le temperature si alzavano e potevamo stare con una giacchetta leggera.
Abbiamo fatto colazione vicino casa. Condesa è un quartiere un po’ poche, pieno di giovani statunitensi quindi è abbastanza comune sentir parlare inglese. Dopo colazione ci siamo avvicinati al centro. La fermata della metropolitana più vicina a noi era quella di Roma.
La metropolitana funziona bene a Mexico City, ci sono varie linee e col passeggino è relativamente comoda. Avevamo un passeggino di quelli da viaggio, leggeri e pieghevoli.
Primo giorno
In questo primo giorno, abbiamo fatto un giro nello zocalo, il cuore storico della capitale, e abbiamo pranzato – benissimo – al ristorante El Cardinal. Siamo entrati nella cattedrale e, lì accanto, abbiamo assistito a delle danze preispaniche. Ci sono spesso persone mascherate e truccate con ali di piume, l’incenso intasa l’aria e i canti sono a volte un po’ assordanti ma sicuramente evocativi.
Siamo rientrati verso sera, abbiamo fatto una spesa al supermercato, e cenato facendo amicizia coi ragazzi ecuadoriani che tenevano in ordine la casona di più piani.
A Condesa ci sono queste grosse case, molto belle. Stanze ampie, più piani, e terrazze sul tetto. I viali sono alberati e si respira un’aria di belle époque.
I supermercati nei quartieri di Condesa e Roma sono spesso catene statunitensi e, devo ammettere, non ci aspettavamo quei prezzi! Abbiamo fatto la spesa e usato la cucina solo a Città del Messico, negli altri posti abbiamo sempre mangiato street food o simili.
Secondo giorno
Il secondo giorno siamo andati camminando da Condensa all’enorme bosco di Chapultepec. Un parco gigantesco dove la gente passeggia, soprattutto nei fine settimana, e si riempie di bancarelle e risciò, o pedalò con cui attraversare il laghetto.
La Libreria Porrùa merita una visita. Bellissima, con le vetrate che danno sul lago, dove abbiamo trascorso parecchio tempo e acquistato un libro per Enea. Lì attorno ci sono anche caffè per fare una pausa, ma noi abbiamo proseguito per il Museo Nazionale di Antropologia.
Chi ha letto il mio romanzo, sa che l’archeologia mi appassiona, ma spesso in Europa siamo abituati a vedere cose “importate” dagli archeologi dell’Ottocento dai luoghi d’origine e finite nei nostri musei. Questa pratica coloniale ci fa riflettere e chiedere se, per caso, non sia l’ora di cominciare a restituire qualcosa?
Qui, invece, i reperti sono locali. È un museo nazionale e vengono presentati nei percorsi la storia del Messico, oltre che le specificità delle varie regioni. C’è uno spazio esterno molto grande e un caffè ristorante dove abbiamo passato parecchio tempo a far giocare Enea, che ha anche percorso gattonando tutti i pavimenti del monumentale ingresso che ospita la biglietteria, il guardaroba, e le mostre temporanee.
Terzo giorno
Il terzo giorno ci siamo avventurati fuori dalla città. Abbiamo preso un Uber fino alla stazione dei bus per Teotihuacan. È un sito archeologico gigantesco, era una città precolombiana situata nella valle del Messico a circa 40 chilometri da Città del Messico.
È importante portare acqua, cibo e un cappello per il sole. Dato che Enea si rifiutava di tenere in testa un cappello, abbiamo comprato un ombrello per pararlo dal sole (stava con me nel marsupio).
L’architettura è maestosa, belli i templi del sole e della luna. Il museo vale una visita, così come il tempio di Quetzalcoatl, ancora scalabile a piedi.
La giornata se n’è andata tutta in questo gigantesco sito archeologico.
Quarto giorno
Il quarto giorno siamo stati un po’ a zonzo nel quartiere di Roma, abbiamo fatto una colazione-pranzo nel mercato di Medellin e poi siamo tornati di nuovo in centro, per visitare il Museo di Arte Popular. A Enea è piaciuto tantissimo, se ne stava nella sale a giocare e gattonare di fronte alle coloratissime maschere. È un museo da non perdere per entrare nel folklore messicano e carpirne le sfaccettature, dal culto dei morti al tessile.
Siamo poi andati in metro fino al quartiere Coyoacán, dove si trova la casa museo di Frida Khalo, ma era il giorno di chiusura! Ci siamo consolati con una tappa nella Pasticceria Esperanza, non lontana dalla fermata della metropolitana.Ce ne sono varie in città, è una catena, ma assolutamente raccomandata!
Quinto giorno
Il quinto giorno lo abbiamo trascorso in parte a casa, per un po’ di relax. Inseguendo Enea che si arrampicava lungo i piani di scale, ritirando i panni stesi e preparando le valigie per l’indomani. Abbiamo pranzato in Coyoacán, un quartiere con una vena alternativa e artistica. E finalmente siamo andati alla Casa Azul che però straripa a di gente. Il biglietto è caro e si paga un’aggiunta per fare foto. Ti danno un badge che ti devi applicare ai vestiti, il controllo è serrato!
In generale, preferisco amare Frida Khalo attraverso le sue opere che guardarne la vita ricostruita tra le porte della casa che condivideva con Diego Rivera. La spettacolarizzazione non mi piace, e lì ho percepito una vena commerciale un po’ troppo spinta. È comunque un posto iconico, e vale la pena una visita.
Accortezza: non c’è un vero e proprio fasciatoio per bambini. I bagni per i visitatori sono abbastanza piccoli. Enea aveva fatto una cacca gigante e mi sono dovuta veramente districare per poterlo cambiare.
Queste le mete principali del nostro tempo a Città del Messico. Da lì siamo andati in autobus verso la meta successiva: Puebla, la prima città spagnola. Un posto tranquillo dove prendere fiato dopo il caos di Città del Messico.
La compagnia di autobus che offre questa corsa e’ la ADO, dal terminal di TAPO (Terminal de Autobuses de Pasajeros de Oriente).
Dopo Puebla, abbiamo esplorato anche Oaxaca e la Riviera Maya.